Lugano 1953 – Castellania Coppi 2023 Nel 70° ANNIVERSARIO DELLA CONQUISTA DEL CAMPIONATO DEL MONDO
Il 30 Agosto del 1953 a Lugano, sul circuito della Crespera, si corre il Campionato del Mondo. Fausto Coppi si è preparato a lungo per questa gara: il titolo di campione del mondo è ormai l’unico che gli manca ed il tracciato della prova si adatta perfettamente alle sue caratteristiche.
Iride
Lugano, 30 agosto 1953
Quando toccò il tessuto di quella maglia, quella che sul petto portava i colori dell’iride, quella che gli mancava, che sentiva essere sua senza averla ancora mai indossata, si sentì stranamente leggero. Certo, era vero che una così l’aveva già stretta, se l’era già messa sulla pelle, ma non era la stessa cosa. Era un vessillo da riserva, da poter sfoggiare unicamente in luoghi recintati, su anelli di cemento o legno, lontano dalle strade di tutti i giorni.
Quella no, quella era diversa, una maglia lunga un anno, grande il mondo intero. Sentì le gambe rarefarsi, diventare aria. E tutto il vociare che aveva accanto silenziarsi piano piano, la gente che aveva attorno allontanarsi, diventare solo una macchia di colore mentre lui si alzava da quel palchetto nella tribuna.
Si sentì sollevare sopra tutto, sopra i palazzi della città, verso il cielo di Lugano. Là sotto la Svizzera diventava piccola e gli appariva per quello che era: un rincorrersi di valli tra le Alpi. L’Europa si schiacciava, le distanze si facevano brevi, mentre l’orizzonte diventava una curva che abbracciava pianure e montagne e mari e oceani e ancora pianure e ancora montagne, sino a diventare una biglia immersa nel nero del cosmo. La poteva toccare, osservarne la semplice complessità. Gli venne voglia di colpirla con l’indice, come aveva visto fare ai bambini al mare, come aveva fatto lui da bambino chissà quante volte, ma con i tappi. Lassù, mentre ai suoi piedi formicolava il solito trantran, si sentì libero, non mancante di niente, in pace con se stesso e con il mondo.
Chiuse gli occhi. Sorrise. Che altro poteva fare?
Quando li riaprì vide un mare di gente riversata in quella strada sulla quale era passato venti volte, le ultime due da solo. Occhi puntati su di lui, mani che lo applaudivano, erano lì, esattamente dove aveva alzato un pugno al cielo. E chissà perché l’aveva fatto. Proprio lui che al traguardo arrivava sempre talmente sfinito per aver dato tutto che solo l’idea di fare un movimento inutile gli sembrava una sciocca bestemmia. Quel giorno però gli era venuto naturale, come se la gioia che aveva dentro non potesse rimanere inespressa, dovesse per forza essere condivisa con chi lo guardava da bordo strada, con chi aveva addirittura pagato qualche franco per sedersi in tribuna. Ce l’aveva fatta. Era campione del mondo. Cosa altro poteva chiedere a se stesso?
Rimase con un sorrisetto inebetito a capire se era reale quanto stava accadendo, se era tutto vero. E neppure la visione di Giulia, al suo fianco sul palco delle premiazioni, lo disturbò. Le aveva detto di starsene in disparte, che la discrezione, la capacità di non apparire è quanto di più apprezzato in quel mondo. Che un altro scandaletto fotografico, come quello che era venuto fuori a luglio al Tour de France, era meglio evitarlo. Lei, invece, si era messa in bella mostra e a lui non interessò più di tanto. Dio solo sapeva quanto aveva aspettato questo momento. Dio solo sapeva quanto aveva penato per arrivare lassù, in cima al mondo.
Un’estate intera a correre poco e ad allenarsi tanto, a rifiutare ingaggi nei velodromi che sarebbero bastati per riempire una stanza di soldi, a rinunciare a questo e a quello. Per poi rischiare di farsi sorprendere da Ferdi Kübler, affannarsi come un dannato per riprenderlo, affannarsi ancora di più per staccarlo e ritrovarsi quel belga, quel Germain Derijcke, attaccato alla ruota come una sanguisuga. Ma alla fine si era sbarazzato pure di quello, non poteva fare altrimenti. Non poteva deludere chi si era accollato un viaggio infinito pur di vederlo. Gli avevano detto che al confine con l’Italia c’erano chilometri di coda in entrata in Svizzera. Che ben dodici treni speciali erano partiti da Milano. E uno pure da Roma. Pensava esagerassero, ma quando pedalò sullo strappo della Crespera, capì che non erano balle: c’era tutta l’Italia lì. Un monte di dialetti che conosceva bene. Un monte di paisà.
Volle dedicare a loro lo scatto, l’ebbrezza della solitudine al comando. E una volta al traguardo si gettò tra le braccia enormi del Biasu, che quel giorno piangeva come un bambino. Proprio il Biasu, che non aveva mai visto piangere. “Bravo Fausto. Bravo. Ce l’hai fatta. Il mondo è tuo”.
Fausto Coppi partecipò a nove Mondiali su strada. Fu terzo nella rassegna iridata di Copenaghen 1949, vinse il suo primo e unico alloro nel 1953 a Lugano. Su pista conquistò due successi nell’Inseguimento individuale, nel 1947 e nel 1949.
E ancora:
“COPPI CONTRO BARTALI” di Claudio Gregori – Diarkos Editore
“MARIO FERRETTI – IL MIO COPPI”a cura di Sergio Meda – Bolis Edizioni
Da “COPPI CONTRO BARTALI” di Claudio Gregori – Diarkos Editore
1) Max è Max Brod, ventisette anni, Franz è Franz Kafka, ventotto. Max Brod, ebreo, amico e biografo di Kafka.
2) Mario Fossati, «La Repubblica», 10 ottobre 1996.
“COPPI CONTRO BARTALI” di Claudio Gregori – Diarkos Editore
Da “Mario Fossati – IL MIO COPPI” a cura di Sergio Meda – Bolis Edizioni
LA MAGLIA IRIDATA. 1953: il Mondiale di Lugano visto con Binda.
Il CT Binda quale punto di osservazione si è scelto Bioggio: «Là c’è un doppio passaggio, ovvero esiste la possibilità di effettuare un doppio controllo». Ci incamminiamo dai boxes a Bioggio. Sappiamo che Binda, ieri sera, ha tenuto, a cena, il solito rapporto. «Non siamo qui per tirarci il collo, ma sfoghiamoci» avrebbe detto agli azzurri. E Coppi, allora: «Io avrei francamente preferito una squadra con più gregari. Se non vinco il Campionato, il grande sconfitto di oggi sono sempre e solo io». E Binda in replica: «Sì, caro Coppi: ma tu mi garantivi, ti avessi accontentato, la vittoria?». Comunque, dopo che Magni ebbe suggerito ad Astrua che almeno sino a 5 chilometri dal traguardo l’accordo pieno bisognava trovarlo; dopo che Binda ebbe aggiunto che l’UVI attraverso il controllo suo, di Rodoni, di Rolle, avrebbe comminato ad eventuali sabotatori una sospensione di sei mesi, furono annunciate le coppie di corridori che si sarebbero aiutati in caso di foratura: Coppi-Gismondi; Magni-Rossello; Petrucci-Fornara; De Filippis-Astrua. Per il Campionato del mondo sono in palio quattro milioni, in caso di vittoria, di cui due offerti dalla Federazione.
La partenza è stata data. Ad ogni transito dei concorrenti Binda, Martini, Gioia, Marnati, Graglia, Chiesa, Raffaglio accorrono ai bordi della strada con le biciclette di scorta. Primo passaggio: «Un gruppone che non dice niente» mormora Binda. Secondo e terzo passaggio da Bioggio. Dietro un lussemburghese c’è Astrua. Il piemontese pedala facile. Il CT gli fa cenno che non deve a atto forzare e Astrua annuisce. «Si mettessero pure in sei, sette con lui sarebbe troppo presto, anche se il circuito tutto curve, non permettendo di scorgere i fuggitivi, scoraggia gli inseguitori». Su Astrua sono piombati altri tre concorrenti con Kübler. Il vantaggio è però sceso a 30”. La voce di Binda: «Ripasseranno da lì e saranno in gruppo». Il CT l’azzecca.
Siamo all’inizio del quinto giro. Van Breenen e De Baere al comando hanno staccato tutti di quasi tre minuti. Binda non è per niente preoccupato. «La gara comincia al 200° km. Per ora non si può dire niente. Assolutamente niente. Gli occhi del CT scrutano il cielo. «Fa caldo: forse troppo caldo per Petrucci. Loretto ha buttato il copricapo e Martini, suo partner, trepida». Attacco del nono giro. Binda commenta: «Ho consigliato agli azzurri di non dormire, di non rimanere intruppati nel plotone di retroguardia. Ho detto loro che il più marcato sarebbe stato Coppi e, dopo di lui, Magni e che non bisogna proprio correre sulle ruote di Fausto e di Fiorenzo. Gareggiando in questo modo non si vince. Petrucci, l’ho visto sulla salitella, mi pare adotti un rapporto lungo. La gara fosse forzata lo capirei: ma filando a questo ritmo non ci si spezzano le gambe inutilmente». E ancora il CT: «Bisogna che i ragazzi evitino gli errori del Tour de France, che non permettano a concorrenti di non molta fama di uscire dal gruppo e alla spicciolata di piombare sui nuclei di testa. In avanguardia abbiamo Gismondi da solo; due italiani almeno avrebbero dovuto esserci».
Ora la corsa è comandata da un gruppetto di sette. Con Gismondi c’è Wagtmann e Binda si allarma: «Se Coppi & C. non si scuotono il Campionato del mondo non nisce nelle nostre tasche». Ma i nostri si muovono. In un nucleo di immediati inseguitori ci sono Magni, Petrucci e Fornara. E 12” più indietro, Coppi, Rossello e De Filippis. Martini non è contento di Petrucci: «Non pedala in souplesse». Croci-Torti strilla di avere scorto, in fondo alla discesa una maglia azzurra scattare: «È sicuramente De Filippis» sostiene Croci-Torti.
All’undicesimo passaggio, Binda invita Gismondi a stare calmo e lo fa con un gesto preciso ed energico della mano. Il CT urla a Fornara, Coppi e Magni di non lasciar sfuggire Robic. Ora che De Filippis è con Ockers e Lanfranchi. Binda commenta: «È venuta l’ora degli assi. Avessi formato una squadra composta da un campione e sette gregari li avrei tutti là dietro. Vedrà, la situazione è vicina a capovolgersi». Siamo al dodicesimo passaggio. Nel plotone di testa, con De Filippis ci sono Coppi e Fornara. Tredicesimo passaggio. Binda scruta Derijcke alla ruota di Coppi: «Coppi lo staccherà in salita, tra due giri». Pavesi aggiunge che il gioco è fatto. Ora il CT invita Gismondi a restarsene, unitamente a De Filippis e Magni, sulle ruote degli inseguitori: «Sanno il fatto loro» dichiara Binda. Astrua dice che Coppi ha invitato per l’intera corsa lui e gli altri a battagliare. Ha voluto un Campionato durissimo. E gli avversari cuociono che è una bellezza. Binda dichiara che Fausto è in queste condizioni anche perché non ha disputato il Tour de France. Spiega: «Un Campionato del mondo che avesse seguito immediatamente il Tour avrebbe giovato agli altri reduci e non all’assente Coppi. Con un intervallo simile le posizioni, invece, si sono radicalmente cambiate. Gli esclusi o i “disertori” del Tour sono i meglio in corsa».
Fausto ha piantato Derijcke sulla Crespera: «È la soluzione più attendibile del problema» dichiara Binda. Il CT sorride. «Ho perduto la maglia iridata della strada. Finalmente, l’ho passata al signor Coppi. Sono contentissimo». E Binda riceve le nostre felicitazioni. La quarta maglia dai colori arcobaleno è aggiudicata all’Italia. 1)
1). Da La Gazzetta dello Sport (31 agosto 1953).
“Mario Fossati – IL MIO COPPI” a cura di Sergio Meda – Bolis Edizioni